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Continua la testimonianza di Teresita Scelba - Capitolo XXXIV

“Cosa ne pensa dell’attuale campagna per legalizzare l’aborto?”
“Bisognerebbe prevenire la necessità di abortire, ci sono altri mezzi contraccettivi oltre la pillola. Io, in quarant’anni di matrimonio, ho fatto una sola figlia e quando nacque dissi a mio marito: “Guardatela bene, perché altri figli non ne faccio”. Eppure ci volevamo bene. Il fatto è che spesso l’uomo si comporta da incosciente, come se bevesse un bicchiere di birra, senza pensare alle conseguenze. Del resto, per quanto riguarda l’aborto, dovrebbe essere considerato alla stregua di ogni altro intervento medico, se la donna non se la sente di avere un figlio.”

"Lei ha esercitato la sua professione di medico? "
"No, per una ragione. Appena laureata, vennero dei clienti: ricordo che avevo un parente farmacista che me ne mandava qualcuno. Dunque venne un padre con un bambino che aveva il mal di gola. Lo guardo, lo visito. Dico, guardi, suo figlio non ha assolutamente niente, faccia i soliti gargarismi, spennellature: poi, se domattina il dolore continua, lo rivediamo... Lui naturalmente non ci crede: che vuole, ero una donnetta, poi settant'anni fa... Perciò andò da un "vero" medico, che gli ordinò tutti gli antidifterici possibili e immaginabili. Dopo ritornò dal farmacista a lamentarsi: "Quel mascalzone dei medico mi ha fatto buttar via un sacco di soldi!" Eh, dico, gli sta bene: gli ha ordinato gli antidifterici quando la difterite non c'era... E allora questa esperienza mi ha aperto gli occhi, perché ho capito che non ero adatta per fare il medico. Poi non ero buona a chiedere i quattrini: facevo le visite e non me le pagavano... Però ho fatto molte cose come volontaria: ho anche insegnato igiene nelle scuole. Così, sono entrata nell'amministrazione comunale e sono finita dirigente dei dispensari antitubercolari. "
"Qual era, all'inizio del Novecento, l'atteggiamento degli uomini verso le femministe? "
“Ci prendevano in giro. Se eravamo brutte ci prendevano in giro anche per questo, se non eravamo troppo brutte dicevano: "Ma che si mette a fare, pensi al marito invece che al femminismo". Come ancora oggi, nel ’75. In fondo gli uomini somo sempre antidonna, perché guardi se le danno mai un posto di responsabilità: se una è raccomandata, se è figlia di qualcuno in alto, forse, ma altrimenti... Se almeno il livello maschile fosse più elevato di quello femminile, ci sarebbe da fargli tanto di cappello. Ma nel 99 per cento dei casi fa pena: guardi le nostre amministrazioni, i ministeri. È proprio una lotta, e a volte è anche una lotta per il pane, perchè le donne sono tante. "
“Che ne pensava suo marito di una femminista come lei? "
“Mi lasciava fare quello che volevo, non s'intrometteva. Mio padre, poi, era un'intelligenza eccezionale, da vero polacco, di un'apertura inconcepibile per quei tempi: pensi, appena laureata e già mi dette la possibilità di fare un giornale d'igiene popolare, che uscì per un anno. Purtroppo è morto quando ero molto giovane. Mia madre era una brava donna, non capiva mio padre, ma comunque mi incoraggiava. In famiglia non ho dovuto mai lottare, anzi ero sempre spinta per fare di più.
“Qualche volta mio marito diceva scherzando: "Vedi, se fossi fascista, a quest'ora saresti un pezzo grosso". No, gli rispondevo, perché se fossi fascista sarei all'opposizione. Questo ci tengo a sottolinearlo: sono sempre stata antifascista laica.
“Un giorno, ormai il fascismo era finito da un pezzo, ricevo un telegramma dell'on. Federici, che dice così: "L'on. De Gaspari, da me premurato, ti ha insignito della commenda d’Italia". Credo di essere stata la prima donna commendatore. Mi venne tanto da ridere, perché io ho sempre riso di quelle commende, di quelle promozioni che si danno alle sedie, no? Quando sei un impiegato, dopo tanti anni diventi cavaliere, poi commendatore. Perciò, quando lessi quel telegramma mi feci una gran risata, e non l'ho mai detto a nessuno... "
"Qual è stata, in seguito, la sua attività in favore della donna? "
"Siccome sono sempre stata come il prezzemolo, quando si fondò l'AIED (Associazione italiana per l'educazione demografica) mi ci misero subito dentro. Poi mi occupai della campagna per la chiusura delle case di tolleranza. Ricordo che venivano qui i giornalisti tutti i giorni, e dicevano: "Ma noi - come facciamo?". Dico, se voi siete dei gorilla, mica è colpa mia. D'altra parte, se riconoscete che la prostituzione è una professione necessaria, allora onorate la prostituta, datele una pensione, apritele una bella casa di riposo per quando è anziana. Invece, oltre che la sfruttate, le fate pagare le tasse sul meretricio e poi la disprezzate anche! Pensi che dalle case di tolleranza non potevano uscire che una volta a settimana, dovevano versare tutti i denari lì e ricevevano pochissimi soldi: erano delle vere schiave... La Merlin presentò il progetto di legge in seguito alla campagna che facemmo noi come Alleanza internazionale. Ricordo che ci fu un congresso dell'Alleanza, a Roma, e mettemmo nel programma da studiare la chiusura delle case di tolleranza. Naturalmente i giornali ci si buttarono a pesce, e ne parlavano tutti i giorni, divisi tra favorevoli e contrari. Fu una lotta accanita, dura, e quando si concluse con la nostra vittoria, fu anche quello un punto segnato in favore della liberazione della donna. "

L'avventurosa storia del femminismo di Gabriella Parca
Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. - Milano - Prima edizione Collana Aperta maggio 1976
Seconda Edizione Oscar Mondadori marzo 1981
Copyright by Gabriella Parca - Terza Edizione - www.cpdonna.it 2005