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Femminismo e movimenti femminili nei partiti politici in Italia - 27

PARTE QUINTA - LE QUOTE ROSA E LA GLOBALIZZAZIONE

Capitolo 4 - Il risveglio del Movimento

ELENA

Nel nostro Paese, si fa i conti con quello che c’è.

Tra le donne quelle che lavorano sono ancora meno della metà: non raggiungono il sessanta per cento previsto dal trattato dii Lisbona.

Molte di loro lavorano “in nero” più degli uomini.

Sembra che uomini e donne subiscano assuefatti una politica che distribuisce favori, premia i forti e sottomette i deboli, i quali si aspettano dall’alto raccomandazioni, più che aspirare alla libertà e alla giustizia sociale.

Fioriscono le associazioni volontariato, soprattutto quelle ispirate al senso della carità piuttosto che al sistema dei diritti.

Ci sono a livello nazionale ed internazionale associazioni e ONG, molto importanti e rinomate. che spendono più per il loro apparati e per la pubblicità che fanno delle loro opere di carità, che per quanto trasmettono ai loro assistiti.

Poco a poco, subdolamente, da destra e anche con l’avallo della sinistra, nuove leggi sul lavoro erodono le garanzie per i lavoratori varate nel 1970 con lo statuto dei lavoratori: è vero che il lavoro sta cambiando rapidamente come dice Jeremy Rifkin, ma in Italia sta diventando per giovani uomini e donne lavoro senza tutele, con gravi squilibri tra rimunerazione del lavoro e profitti.

Sembra che l’Italia sia agli ultimi posti in Europa per potere d’acquisto dei salari.

E non serve ai giovani la laurea per aspirare a lavoro dignitoso anche nella rimunerazione: donne e uomini laureati e ricercatori, dopo anni di studio, hanno stipendi da mille euro al mese. La gente comune si vede in bilico sopra le onde mutabili e capricciose dell’economia globalizzata. In bilico il posto di lavoro, in bilico le retribuzioni e, di conseguenza, la dignità di persona dei lavoratori precari, in bilico lo stesso “consumismo” che diventa inaccessibile ai bassi stipendi, in bilico le vecchie certezze morali etiche, in bilico le scelte di lealtà e probità, che sembrano non premiare ...

Le vecchie contrapposizioni di “classe”, “capitalisti” e “proletari”, simboliche del linguaggio dei partiti di massa, sono cadute in disuso, salvo che per qualche nostalgico.

E’ vero che nelle società occidentali non c’è la povertà nera del nostro ottocento e dell’attualità di tanti Paesi in Africa, in Asia o nel Sud-America.

Probabilmente per questo da noi vi è un adagiarsi nell’indifferenza, mentre i partiti, più che occuparsi della collettività, alimentano la “casta” dei loro “nominati”, ostentano il tv i loro portavoce, uomini e donne che sembrano parlare a se stessi, quando non si esibiscono come i divi dello spettacolo, lontani dai bisogni della gente che non ha più voglia di sentirli e di andare e votare.

E pensare che la rivendicazione del diritto di voto era stata la battaglia più nota del vecchio Movimento femminista delle suffragette ...

In questo quadro, che ha del desolante, alza la sua voce quella che oggi si chiama la “la società civile” che esprime in varie forme la sua contestazione all’andazzo.

Sono gruppi, associazioni, comitati, ai quali partecipano le donne e uomini, che - al di fuori dei partiti e spesso in contrapposizione ai partiti – con girotondi, cortei, manifestazioni, che hanno una qualche visibilità sui mass media, portando all’attenzione dell’opinione pubblica problemi locali e generali su determinati temi: questioni ambientali, difesa del territorio, lotta alla mafia, difesa del lavoro, difesa dei diritti dell’uomo, conservazione del territorio...

Con “internet”, e da internet, si allarga la protesta contro l’imbarbarimento autoreferenziale della politica e dei partiti, spesso collusi con poteri illegali nel voto si scambio.

Pare però una protesta che lascia abbastanza intatto il consenso popolare ai partiti di governo.

In questo contesto, sostenute dai cosiddetti “progressi” della scienza e della medicina, riappaiono negli anni duemila le questioni che riguardano l’inizio vita, che appartengono soprattutto alle donne portatrici di vita. Le questione della fine- vita gestiti da potentati della “sanità”.

La politica dei partiti se ne appropria, mentre il Movimento delle donne pare inabissato negli studi elitari delle università, senza la forza per opporsi ad una normativa che vuol gestire per legge il corpo delle donne.

Per legge, con voto trasversale di alcune donne e di tanti uomini, viene attribuito il valore di “persona” all’embrione, che non avrebbe mai vita se il corpo della donna non gestisse la gravidanza. Con il tentativo non tanto nascosto di arrivare a revocare la autodeterminazione della donna nella maternità. Una legge che consente/impone di erogare cospicui finanziamenti per la conservazione degli embrioni crio-conservati.

Nella disaffezione generalizzata al voto, è stato buon gioco alle gerarchie di ogni potentato intromettersi nello svolgimento del referendum abrogativo di questa aberrante legge, sollecitando le masse stanche di politica a non andare a votare.

Di fronte a queste “revisioni” dei diritti delle donne, il Movimento si è svegliato.

Sul tam tam delle e-mail, all’indomani del mancato referendum, le donne si sono autoconvocate in piazza, come una volta.

C’erano le femministe del ‘68 con le lunghe sottane, ma con i capelli grigi e il volto segnato dal tempo. Con loro c’erano figlie figli e nipoti; le nuove

generazioni di studenti e studentesse; le famiglie i con i carrozzini dei bambini, le donne con mariti o compagni gridavano: “Non accettiamo la legge 40, che decide sui nostri corpi”. “Vogliamo consultori e servizi”, “Vogliamo una diversa politica fatta per la gente e non per accumulare potere e ricchezza per pochi”.

A Milano, a Torino, a Roma i collettivi che si sono dati un nome: “usciamo dal silenzio”. Si sono coordinati e hanno continuato la protesta via internet. Con la loro protesta hanno rotto l’indifferenza e hanno riaperto riflessioni, riunioni, convegni, studi, un passa-parola che i mass-media non hanno potuto ignorare.

Il “Movimento” riemerso, si è diretto anche alla ricerca del contatto con le “quote rosa” dei partiti. Ma non erano molto visibili le donne delle “quote rosa” che si sono perse nel gioco del “potere”.

Le donne del Movimento non sono tornate a casa: Hanno denunciato che l’immagine femminile ostentata e usata come oggetto sessuale in tanti scandali politici che via emergevano. coltivati nei centri di “potere”, non appartiene alla generalità delle donne.

Dal canto loro le “escort” coinvolte, non sono state zitte: hanno cinicamente ammesso di aver venduto spontaneamente il loro corpo come merce di scambio nelle pratiche corruttive. Non hanno nascosto di far soldi e carriera nei lettoni istituzionali: un’immagine femminile mai così pubblicamente collusa con il potere. “Pecunia non olet”

Ma le donne del Movimento, quelle che hanno conquistato il diritto di studiare e di lavorare e si sentono “SOGGETTO” di una nuova società senza discriminazione, chiedono con forza un cambiamento.

Ancora sul tam tam delle e-mail e di internet. hanno organizzato la grande manifestazione del 13 febbraio 2011, in ideale continuità con la manifestazione di “usciamo dal silenzio” del 2004.

Hanno di nuovo issato i loro cartelli donne di diverse età ed estrazione sociale, adolescenti e nonne, mamme con i loro bambini e i loro compagni e mariti.

Gli uomini, papà e nonni che vogliono per i loro figli un futuro, che condividono la filosofia che la partecipazione delle donne ai momenti decisionali, che confidano in un nuovo modo di fare politica per tutti, nella complessità delle problematiche che oggi si pongono a tutta l’umanità.