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La trasformazione, il cambiamento

di: Dott.ssa  Teresa Pallucchini

La prima cosa che un paziente chiede al proprio psicoterapeuta è il cambiamento, la trasformazione, il passare da uno stato di difficoltà in vari ambiti ad una situazione dove le parti scisse siano più armonizzate.
Abbiamo abbandonato da tempo l’idea della guarigione, il linguaggio medico non coincide con un linguaggio psicoterapico, la finalità non è guarire, la metafora della malattia non è adatta ad un percorso di conoscenza di sé.

La prima cosa che viene detta ad una persona che vuole intraprendere un percorso di questo tipo - penso naturalmente ai diversificati approcci che esistono dalla psicoanalisi, alla psicoterapia breve, alla gestalt ecc. - è “accettiamo i nostri limiti e diventiamo coscienti degli aspetti nevrotici che ci condizionano”.

Compito di ogni terapeuta, indipendentemente dalla sua formazione specifica e dal modello di riferimento, è potenziare le parti sane, sviluppare gli aspetti della creatività, aiutare a superare i momenti di stallo e proiettare il paziente nel futuro lavorando sul presente, sul “qui e ora” (anamnesi e passato sono comunque sullo scenario nel nostro lavoro ma stanno perdendo la centralità di una volta.)

Molte pazienti donne dicono di voler cambiare il modo di essere del loro partner (qualcosa profondamente legata al bisogno di maternage), quasi sempre impresa impossibile, si deve invece lavorare per costruire un rapporto di condivisione relazionale dove ognuno pone regole per la vita di coppia in sintonia con i desideri ed i bisogni profondi. La situazione estrema di questo desiderio di cambiamento sono i casi delle donne maltrattate, ci troviamo di fronte a situazioni non bonificabili se la persona decide di continuare il rapporto.

Su trasformazione/cambiamento vorrei riferirmi ad una metafora di Jean Claude Kaufmann: la nostra personalità può cambiare perché assomiglia alla doppia elica del codice genetico, nella prima ci sono gli apprendimenti che ci consentono di agire nel quotidiano, sono le norme che in modo quasi automatico usiamo, la seconda sono i nostri pensieri interiori dove si agitano i progetti e si sogni, il cambiamento può avvenire in questo influenzare la prima elica.

Perciò da una parte non dobbiamo aspettarsi magici cambiamenti nel nostro partner, dall’altra possiamo anche pensare che la nostra vita non è soltanto improntata alla coazione a ripetere ( se una volta si insisteva molto in terapia sul fatto che alcune donne ripetevano sempre lo stesso modello nella scelta del partner ora possiamo considerare i motivi profondi delle scelte affettive in modo più articolato.)

Parlando di trasformazione penso non solo al partner ma anche alla nostra vita in generale: in una società cosi cambiata nell’ultimo secolo, spostamenti geografici continui, scelte lavorative ed affettive diverse, l’idea di “ trasformazione” è diventata centrale.

Ma quando siamo a contatto col mondo interno ci rendiamo conto che l’inconscio è molto lento, che le trasformazioni e le scelte razionali devono fare i conti con il nostro mondo intrapsichico.

Capiamo perché certe trasformazioni sono complesse e dolorose, dalla piccole scelte come mettersi a dieta o non fumare, alle scelte di vita radicali.

Dunque credo che sia sbagliato un atteggiamento falsamente ottimista- pensare positivo- come accettare passivamente il nostro modo di essere…

Mi piacerebbe sentire le esperienze di ognuno sulla difficoltà del cambiamento.