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Care memorie

di: Dott.ssa Serena Magrì (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

Scrive il Dott. S. (Italo Svevo, ‘La coscienza di Zeno’):

Io sono il dottore di cui in questa novella si parla…. Di psico-analisi non parlerò perché qui entro se ne parla già a sufficienza. Debbo scusarmi di aver indotto il mio paziente a scrivere la sua autobiografia; gli studioso di psico-analisi arricceranno il naso a tanta novità. Ma egli era vecchio ed io sperai che in tale rievocazione il suo passato si rinverdisse, che l’autobiografia fosse un buon preludio alla psico-analisi. Oggi ancora la mia idea mi pare buona perché mi ha dato dei risultati insperati…

Nessun terapeuta arriccia più il naso, oggi, davanti alla autobiografia di un paziente.

Oggi si sa che lo scrivere di sé può accelerare il passaggio a una più serena assunzione di responsabilità psichica rispetto alla propria vita e alla propria storia.
Imparare a recuperare, almeno in parte, i propri “inutili” vissuti, adottare un punto di vista teorico-descrittivo, analitico, dandosi a un’impresa di ‘letteraturizzazione’, arrestare la vita, impedirle di rimanere priva di rilievo, sepolta non appena nata: tutto questo aiuta a conquistare una nuova fluidità, più consapevole, vitalizzata dalle energie che i normali criteri economici, cioè il principio di realtà, ci portano a sacrificare.

Scrive A. dalla località raggiunta durante una interruzione della terapia dovuta alle vacanze invernali, descrivendo con non comuni capacità il proprio mondo interno:
… C'è in me un punto di scollamento, forse riuscirò a localizzarlo, da lì escono i demoni.Il cielo è vicinissimo, luminoso, l'aria tempestosa, il mare coperto di schiuma, il verde pieno, rigenerante.L'unico modo per sopravvivere è disegnare un trompe-l'oeil sui muri altissimi dello spazio interno. Su uno di questi muri disegno un personaggio che capisce, mette insieme i pezzi, ricostruisce un passato, inventa un modulo relazionale, fondamentale per misurare spazi senza forma.Questo mare mi fa bene, mi allontana dalla ragnatela delle ragioni emotive.Se potessi stare sempre qui diventerei ragionevole: le ulcere si chiuderebbero, sbiancherei i muri a calce, via i trompe-l'oeil, solo rapporti ragionevoli, soprattutto ragionevoli pretese, e alleggerimenti emotivi.Cemento nelle voragini, mi inventerei un punto di ingresso nella relazione sano, forte, fondato sulla ragione, non sul bisogno…

Scrive Zeno, iniziando la propria autoanalisi (Italo Svevo, ‘La coscienza di Zeno’):
Vedere la mia infanzia? Più di dieci lustri me ne separano e i miei occhi presbiti forse potrebbero arrivarci se la luce che ancora ne riverbera non fosse tagliata da ostacoli d’ogni genere, vere alte montagne: i miei anni e qualche mia ora. Il dottore mi raccomandò di non ostinarmi a guardare tanto lontano. Anche le cose recenti sono preziose per essi e sopra tutto le immaginazioni e i sogni della notte prima…Dopo pranzato, sdraiato comodamente su una poltrona Club, ho la matita e un pezzo di carta in mano. La mia fronte è spianata perché dalla mia mente eliminai ogni sforzo. Il mio pensiero mi appare isolato da me. Io lo vedo, s’alza, s’abbassa…ma è la sua sola attività. Per ricordargli ch’esso è il pensiero e che sarebbe suo compito di manifestarsi, afferro la matita. Ecco che la fronte si corruga perché ogni parola è composta di tante lettere e il presente imperioso risorge ed offusca il passato…Mercè la matita che ho in mano, resto desto, oggi. Vedo, intravedo delle immagini bizzarre…

Scrive Margherite Yourcenar in ‘Care memorie’:
… L’essere che chiamo “io” venne al mondo un certo lunedì 8 giugno 1903, verso le otto del mattino, a Bruxelles…Che quella bambina sia io, non posso dubitarne senza dubitare di tutto. Ma per vincere almeno in parte il senso di irrealtà che mi dà questa identificazione, sono costretta…ad appigliarmi a schegge di ricordi di seconda o di decima mano, a informazioni tratte da frammenti di lettere o da fogli di taccuino che si è trascurato di gettare nel cestino dei rifiuti e che la nostra avidità di sapere spreme al di là di quanto possono dare, o a consultare nei municipi e dai notai certi documenti autentici dai quali il gergo amministrativo e legale elimina ogni contenuto umano….Quelle schegge di fatti che credo di conoscere sono tuttavia tra quella bimba e me l’unica passerella transitabile e la sola boa che ci tiene a galla entrambe sul mare del tempo…

Scrive F., in un momento molto critico della sua vita e della sua analisi:
… Mettendo i piedi giù dal letto ho pensato che si può stare veramente male, che la sofferenza psichica è un’esperienza reale, e me ne stupivo.Ho pensato il mio star male dovuto a una progressiva distruzione di strati, a uno sfondamento.
Alzandomi, ho pensato alla mia vita come a una manciata di anni, mi ha travolto un bisogno acuto di presenza, di testimonianza.Penso con tristezza alle tante prospettive a cui non accederò mai, penso al cielo nero e stellato di una estate di tanti anni fa, mi schiacciava, mi toglieva il pensiero e la parola.Ricordo i profili delle colline e certe terre rosse e riarse, del mare una prospettiva di azzurro colta per un istante dall'alto della strada, mi chiedo in quale parte di me siano finiti quei giorni.
Il mio pensiero era confuso con le cose e con gli affetti, era molto diverso da quello di oggi...

E la Yourcenar (‘Care memorie’), scrivendo di sè:
…La neonata gridava a pieni polmoni, provando le sue forze, manifestando già quella vitalità quasi terribile di cui è dotato ogni essere…Forse, come sostengono oggi gli psicologi, essa grida l’orrore di essere stata espulsa dal grembo materno, il terrore dello stretto tunnel che ha dovuto superare, la paura di un mondo dove tutto è insolito…Quella bambina vecchia di un’ora è comunque già presa, come in una rete, nella realtà della sofferenza animale e del dolore umano…

Marcel Proust (‘La strada di Swann’):
…Mi riaddormentavo e talvolta non avevo più che brevi risvegli di un attimo, il tempo di sentire gli scricchiolii organici del legno, d’aprir gli occhi a fissare il caleidoscopio del buio, di godere, grazie ad un momentaneo barlume di coscienza, del sonno in cui erano immersi i mobili, la camera, quel tutto di cui ero solo una piccola parte, e all’insensibilità…O anche,dormendo, avevo raggiunto senza sforzo un’età superata per sempre della mia vita primitiva, avevo ritrovato qualcuno dei miei terrori infantili…

E di nuovo A.:
…Di notte galleggio ad occhi aperti in acque oscillanti.E' un movimento non violento, continuo. Di notte da bambina passavo ore sveglia, spaventata da certi topi che mi pareva di vedere davanti alla finestra. Erano grandi, avevano corpi neri, dinoccolati, vagamente umani, orecchie grandi e allungate...

Mi piacerebbe continuare questa carrellata di brani autobiografici, fatta di grandi testi e di testi più modesti – eppure non meno densi dal punto di vista della testimonianza esistenziale e psicologica.
Mi piacerebbe continuare con l’ausilio di testi proposti dalle lettrici e dai lettori che avessero voglia di cimentarsi con la prosa autobiografica.
L’esercizio autobiografico è terapeutico: provare per credere!

Dott.ssa Serena Magrì
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