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La felicità porta fortuna

Recensione di: Gabriella Parca

Il titolo “La felicità porta fortuna” è la libera traduzione di quello inglese “Happy go lucky”, ma un po’ più banale, come dire “piove sul bagnato” o “aiutati che il ciel t’aiuta”. Perché se uno è felice è già fortunato, e cosa vuole di più? Comunque questo film inglese di  Mike Leigh - noto soprattutto per quel  “Segreti e bugie” che vinse anni fa la Palma d’oro a Cannes  - vuole regalare sorrisi e buonumore, anche se come in tutte le opere del regista non manca una nota amara che ci riporta alla realtà.

La persona felice qui è Poppy, una giovane insegnante elementare interpretata da una bravissima Sally Hawkins, che ha il dono naturale di andare incontro alla vita sorridendo e di voler comunicare agli altri questa sua gioia di vivere. Anche quando le cose non vanno per il verso giusto. Come ad esempio quando le rubano la bicicletta, e tutto il suo disappunto si esprime in una frase: “Peccato che non abbia potuto salutarla per l’ultima volta…”
Poppy vive con un’amica, cosa normalissima in Inghilterra, ma lascia credere al suo  isterico maestro di guida di essere lesbica. Così, quando lui la vede baciarsi con un bel ragazzo non capisce più niente e diventa furioso. Addirittura pericoloso. E solo allora la ragazza si rende conto che c’è un limite oltre il quale non si può andare nel comunicare la propria spensieratezza, perché non tutti sono disposti a recepirla. E bisogna rispettare anche la sordità altrui.
Con i bambini è diverso. Poppy, che ha molta cura dei suoi alunni, si accorge che uno di loro dal visetto d’angelo tende a picchiare gli altri. Perciò, oltre a tenerlo d’occhio per impedirglielo, cerca di capire il perché della sua aggressività, ma non riesce a cavargli una parola di bocca. Un giovane psicologo invece è più fortunato e trova la chiave per aprire quella serratura che appariva bloccata. Il bambino è picchiato in famiglia ed è per lui quasi naturale rifarsi sui compagni più deboli.
Il mondo di Poppy si allarga. La sua curiosità la spinge anche fra i barboni e le fa correre qualche pericolo, ma in fondo è fortunata e forse questo la rende invulnerabile. Così, come la rende diversa dalla sorella, chiusa in un orizzonte piccolo-borghese, insoddisfatta e autoritaria. E alla fine, anche se non lo cerca, la dea bendata le getta tra i piedi un bell’incontro, di cui forse sentiva l’esigenza per completare la sua felicità.